Creature fantastiche scozzesi: il Changeling

“Non chiamateci gnomi, ne’ fate. Non vogliamo più essere chiamati così. Una volta era la parola perfetta per designare una grande varietà di creature, ma oggi ha troppi significati […] Se volete darmi un nome, io sono come loro, un folletto. O meglio, sono un Changeling. Noi rubiamo i bambini e ne prendiamo il posto. Il folletto diventa bambino, e il bambino folletto…” (Keith Donohue, Il bambino che non era vero)

CHANGELING

Il Changeling, antica figura presente nella mitologia di molti paesi europei, era una creatura fantastica che anche in Scozia era molto temuta e diffusa. Si credeva che le fate, attratte dai bambini umani che erano belli e sani a differenza dei loro, spesso malati e deformi, avessero la terribile abitudine di scambiare i neonati: si prendevano il bambino umano lasciando nella culla un sostituto del loro mondo, il changeling. I genitori si ritrovavano così, al posto del loro figlioletto rubato dalle fate, un essere brutto, rugoso, dalla pelle avvizzita e verdastra e con capelli indomabili oppure, meno mostruosamente, con tratti facciali inusuali e labbra dalla forma strana. Il Chageling, oltre ad avere un aspetto raccapricciante, piangeva sempre, urlava, strillava, mangiava moltissimo ma soprattutto attirava la sfortuna sulla famiglia che lo accoglieva; molto impacciato nei movimenti, egli si distingueva dai bambini normali per la sua ottima capacità di suonare gli strumenti musicali e per la maggiore intelligenza. Questo aspetto dell’essere impacciato ma “più intelligente dei bambini normali” fa pensare che i bambini che si credeva essere stati scambiati potessero in realtà essere stati affetti da autismo.
Non tutti i bambini potevano essere rapiti dalle fate, che prediligevano quelli non ancora battezzati (e in questo caso il battessimo era visto come una salvezza) oppure troppo viziati e coccolati dai propri genitori: l’unico modo che la povera madre umana aveva per riavere indietro il proprio bambino era di accudire e curare il changeling, cosicchèle fate se lo sarebbero ripreso nuovamente. Purtroppo però ciò non accadeva quasi mai poiché i piccoli demoni, malaticci e cagionevoli, non sopravvivevano molto, solitamente al massimo due o tre anni. A quel punto, per la famiglia umana non c’erano più speranze ed i poveri genitori sapevano che il loro vero figlio sarebbe stato allevato per sempre nel mondo delle fate.

fate attorno alla culla changeling faeries legends scottish

C’erano una serie di rimedi e stratagemmi per costringere un changeling ad andarsene, così come per svelare la sua reale identità. La prova per capire di aver davanti proprio una di queste creature occorreva preparare una camomilla e versarla in un guscio d’uovo: a quel punto il mostruoso neonato avrebbe dovuto esclamare “in tanti anni della mia esistenza ne ho viste di cose, ma mai versare della camomilla in un guscio d’uovo” e poi tornare al suo mondo fatato, rimandando indietro il bambino rapito. Per scacciarlo invece era necessario costringerlo a dire la sua vera età (come nel caso di molte altre creature fatate, alle quali bisogna estorcere il vero nome per farle scappare) o fargli bere del thè fatto di digitale purpurea. C’erano anche una serie di cose che le neomamme erano invitate a fare come prevenzione contro gli scambi di bambini, come per esempio il mettere nei pressi delle culla degli oggetti di ferro, poiché le fate temono tale metallo, oppure un crocefisso benedetto sopra la culla; ancora, bruciare strisce di pelle nella stanza, dare da bere alla neomamma e al neonato latte di mucca alla quale era stata data da mangiare un’erba chiamata mota, accendere quante più luci possibili sulle finestre o accanto alle porte oppure non far uscire di casa la mamma ed il suo bambino. C’erano anche modi alquanto raccapriccianti per accertare la vera identità del bambino: un cesto veniva appeso ad un ramo di nocciolo sopra il fuoco, e in questo cesto veniva posto il sospetto changeling. Si attendeva, mentre le fiamme scaldavano il paniere, e se il bambino al suo interno avesse urlato di dolore allora sarebbe stato sicuramente un changeling. La maggior parte delle persone dell’epoca sapeva ben poco su ciò che poteva aver causato queste caratteristiche fisiche e questi strani comportamenti del loro bambino: condizioni genetiche, anomalie cromosomiche, malattie – tutto quello che avrebbe potuto dare ad un bimbo un aspetto strano e anche magari spaventoso – erano argomenti sconosciuti nelle remote Highlands e le soluzioni ignote erano inevitabilmente cercate nel mondo delle fate. Oggi ci rendiamo conto che esse servivano solo a dare una spiegazione a malattie allora misteriose come l’autismo oppure per dare una spiegazione all’improvvisa scomparsa di bambini mai più ritrovati. Documenti giudiziari datati tra il 1850 e il 1900 in Germania, Scandinavia, Gran Bretagna e Irlanda rivelano numerosi procedimenti contro imputati accusati di aver torturato e assassinato sospetti changeling. Dei fascicoli giudiziari di Gotland, Svezia, del 1690 documentano che un uomo e una donna furono messi a processo per aver lasciato un “changeling” di dieci anni – un bambino che non era cresciuto “nella norma” – su un mucchio di letame durante tutta la notte della vigilia di Natale, sperando che le fate che avevano fatto lo scambio alcuni anni prima sarebbero ritornate con il loro vero figlio. Il povero bambino morì per l’esposizione al freddo invernale. Situazioni simili erano senza dubbio ancora più diffuse nei secoli precedenti.

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Il maltrattamento dei changeling nelle leggende spesso porta ad un esito felice per i genitori umani ed il loro vero figlio che la maggior parte delle volte viene restituito, sano e salvo. Storie con questo genere di finali davano speranze, auguravano miglioramenti e fuggivano in qualche modo da un’era in cui i difetti di nascita e le debilitanti malattie infantili erano largamente diffuse. Ma non sempre questi racconti hanno finali felici. Spesso i bambini creduti changeling venivano allontanati o uccisi e non c’è alcuna indicazione che il bambino sano rubato sia poi in effetti ritornato. I racconti che omettono il ritorno del bambino legittimo riflettono un aspetto doloroso della sopravvivenza della famiglia nell’Europa pre-industriale: la sussistenza di una famiglia di contadini dipendeva dalla capacità di ogni membro di produrre sostentamento ed era molto difficile mantenere chi invece era un peso sulle scarse risorse famigliari. Il fatto che il vorace appetito dei changeling sia spesso citato nelle leggende, indica che i genitori di questi sfortunati bambini vedevano nella loro stessa esistenza una minaccia per il sostentamento dell’intera famiglia. Queste leggende sono una prova storica che suggerisce che l’infanticidio non era di rado la soluzione adottata per tale problema. Il progresso della scienza tra il XVIII e il XIX secolo ha lentamente eliminato la credenza popolare che i bambini ritardati o malformati probabilmente non erano umani ma piuttosto il frutto di qualche essere demoniaco, dei figli che potevano essere trascurati, maltrattati e anche messi a morte senza scrupoli morali. Quando le spiegazioni teologiche hanno lasciato spazio a quelle mediche, i valori umani e sociali sono cambiati a tal punto che la stessa parola “changeling” e i suoi equivalenti nelle altre lingue, sono diventati delle curiosità storiche, resti di credenze e pratiche che hanno aiutato i nostri antenati Europei – nel bene o nel male – ad affrontare i problemi della vita e della morte di fronte a bambini fisicamente o mentalmente imperfetti.

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Changelings in un’illustrazione di Alan Lee

UNA LEGGENDA

Walter Scott, in un intervento nell’opera “On the Fairies of Popular Superstition“, parla di un episodio avvenuto nei pressi di Inverness, nella piccola parrocchia di Suddie. Non lontano dalla chiesa, racconta il noto scrittore scozzese, si trovava una bassa collina chiamata Therdy Hill sulla cima della quale c’era un pozzo. Quando qualche bambino era ammalato e la malattia durava tanto da ridurlo carne ed ossa, la gente comune immaginava che fosse portato via da degli spiriti chiamati “Fairies”. Così, durante un particolare periodo in estate, i bambini malati venivano lasciati accanto a quel pozzo da soli per tutta la notte, tenuti d’occhio a distanza: la loro malattia li finirà oppure passerà, pensavano gli abitanti del villaggio, affermando che la maggior parte di loro alla fine guariva.
Un giorno una donna, dopo aver lasciato il suo bambino alle cure della balia del villaggio, lo ritrovò così diverso che lo riconobbe con difficoltà ma non sapendo cosa fare, lo riportò a casa con lei. Dopo alcuni anni però il bambino non era ancora capace di camminare, muoversi o parlare e la povera donna era costretta a portarlo sempre in braccio. Un giorno un mendicante bussò alla porta: “Che Dio vi benedica signora!” disse “voi e il vostro povero bambino! Abbiate pietà e date qualcosa ad un pover’uomo!”.
“Ah, il bambino” rispose la donna “è la causa di tutti i miei mali” e raccontò cos’era successo, aggiungendo che aveva sperato invano che il figlio cambiasse. Il vecchio, la cui età lo rendeva prudente in questo genere di argomenti, le disse che per scoprire la vera identità del figlio avrebbe dovuto spazzare molto bene il camino, accendere un fuoco e mettere il bambino ben legato nella sua sedia davanti ad esso. In seguito, avrebbe dovuto rompere una dozzina d’uova e metterne i ventiquattro mezzi gusci davanti al bambino ed infine uscire e mettersi dietro la porta ad ascoltare: se il bimbo avesse parlato sarebbe stato sicuramente un changeling e così lei avrebbe dovuto prenderlo, portarlo fuori, e lasciarlo a piangere nel letamaio finchè non avesse più udito la sua voce.
La donna, dopo aver fatto tutto quello consigliatole dal vecchio mendicante, si nascose dietro la porta e sentì il bambino parlare e dire “Prima di andare dalla balia io avevo sette anni, e quattro ne ho vissuti da allora, e non ho mai visto così tante pentolini prima!”. Nell’udire queste parole, la donna prese il bambino e lo lasciò piangente nel letamaio e, senza provare alcuna pietà, lo lasciò là finchè non ne sentì più la voce; e una volta ritornata a casa, vi ritrovò il suo vero figlioletto.

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IL BIMBO RESTITUITO

In un’altra leggenda scozzese una donna si era recata nei campi per tosare le pecore, portando con sé il proprio piccino e lasciandolo al riparo di una siepe. A un certo punto stava per andare a dargli la poppata quando il bimbo iniziò a piangere e a strillare così forte e in un modo tale che la donna si allarmò moltissimo. Un uomo che stava mietendo nelle vicinanze le sconsigliò di andare a vedere cosa fosse successo e di lasciarlo da solo a quietarsi. Dopo una mezz’ora, la donna trovò il bambino del suo umore normale. L’uomo disse che aveva visto il Piccolo Popolo portar via il bambino e mettere al suo posto un sostituto. “Solo quando hanno visto che il loro piccolo demonietto urlante non veniva accudito né nutrito hanno pensato bene di riprenderselo e di rimettere tuo figlio dove l’avevano trovato”.

Dettaglio dell'opera "The Legend of St. Stephen" di Martino di Bartolomeo -  XV secolo
Dettaglio dell’opera “The Legend of St. Stephen” di Martino di Bartolomeo – XV secolo

IL CHANGELING DI BRESLAU

Questa storia ebbe luogo nel 1580. Vicino a Breslau viveva un nobiluomo che produceva un grande raccolto di fieno ogni estate ed aveva molte persone che lavoravano per lui. Un anno c’era tra queste persone una neo mamma, una donna che aveva avuto a mala pena una settimana per riprendersi dalle fatiche del parto e che fu costretta quindi a portare il figlioletto al lavoro con lei, mettendolo sopra un piccolo mucchietto d’erba e lasciandolo solo mentre aiutava con il fieno. Dopo aver lavorato un po’, tornò dal suo bimbo per accudirlo. Lo guardò e si mise ad urlare, disperata, perché quello non era suo figlio: egli succhiava il latte così avidamente che non le ricordava affatto il bimbo che aveva lasciato poco tempo prima. Come spesso succede in questo genere di casi, la donna tenne il bambino per diversi giorni, ma era così maleducato che la povera donna crollò: raccontò la storia al suo datore di lavoro, il nobiluomo, il quale le disse “Donna, se pensi che quello non sia tuo figlio, allora fai così: prendilo e portalo fuori sul prato dove lo hai trovato, e picchialo duramente con una frusta. Sarai testimone di un miracolo”. La donna seguì il consiglio del nobiluomo. Uscì e picchiò il bambino con una frusta finchè non si mise ad urlare a squarciagola. Allora vennero le fate che si ripresero il loro bimbo, riportando indietro quello che avevano rubato, restituendolo alla madre dicendo “Ecco, di nuovo tuo!”. Questa storia è conosciuta e spesso raccontata dai giovani e dai vecchi che vivono attorno a Breslau.

Der Wechselbalg. Il changeling, di Henry Fuseli 1780
Der Wechselbalg. Il changeling, di Henry Fuseli 1780

Fonti:
https://en.wikipedia.org/wiki/Changeling
http://www.pitt.edu/~dash/britchange.html

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