Parte 4 (1566-1567): L’omicidio di Darnley
Con l’assenza di Darnley dalla vita a palazzo, il legame tra Mary Stuart e Bothwell si rafforza sempre più. È a questo punto della storia che assistiamo ad un cambiamento radicale nella vita e nel carattere della regina, che da padrona, da sovrana, diventa serva, schiava della passione che la lega a Bothwell. S.Zweig nella sua biografia della Stuart analizza il rapporto con Bothwell basandosi su fonti storiche costituite dalle cosiddette “lettere dello scrigno”, ossia quelle lettere e quei sonetti scritti da Maria Stuarda all’amante e ritrovati in uno scrigno d’argento sigillato ed usate come prova contro di lei al processo. Ci sono pareri divergenti sull’effettiva autenticità di queste lettere e nonostante siano state analizzate e verificate più e più volte, qualcuno sostiene che le originali siano state falsificate proprio per screditare la regina e costituire una (falsa) e schiacciante prova del suo coinvolgimento nell’uccisione del marito. In uno dei sonetti contenuto nello scrigno Mary scrive, riferendosi a Bothwell
“Anche per lui verso abbondanti lacrime, perché possedette questo corpo quando ancora non ne aveva l’anima” (S.Zweig, Maria Stuarda, pag 170).

Da qui e da altre lettere si deduce che ci deve essere stato qualcosa che ha scatenato improvvisamente la passione tra i due e S.Zweig sostiene che Bothwell, durante uno dei molti viaggi di piacere nei quali in qualità di primo consigliere e comandante dell’esercito accompagnava la regina, avrebbe potuto commettere una sorta di aggressione, un qualche atto di violenza nei suoi confronti. Ora, non possiamo sapere se si sia trattato realmente di un atto violento, di una manifestazione di un sentimento represso, o se sia stata la stessa Mary ad istigare ed incoraggiare, magari inconsciamente, tale gesto. L’infelice passione tra i due inizia proprio da qui, violentemente ed improvvisamente, lasciando Maria Stuarda completamente annientata e dominata da questo amore irrazionale che la consuma sempre più. Da quel momento è solo Bothwell che conta e Mary è disposta a tutto pur di avere lui ed il suo amore. Una relazione che toglie alla Stuart la razionalità e la dignità che l’avevano caratterizzata fino ad allora e la fa assomigliare sempre più a Darnley, un heart of vax, un cuore di cera come lei stessa definiva il marito, rendendola completamente succube dell’amante, come si evince dai sonetti composti da lei stessa in quel periodo:
Da allora per lui io disprezzo l’onore, la sola cosa che ci dia felicità; Per lui metto a repentaglio grandezza e coscienza, per lui ho lasciato parenti e amici, ogni altro riguardo è tralasciato; Per lui non stimo più i miei amici, e auguro il bene ai nemici; Per lui ho messo a repentaglio nome e coscienza, per lui voglio rinunciare al mondo, voglio morire perché lui cammini. (S.Zweig, Maria Stuarda, pag 172)
Per lui voglio cercare la grandezza, e tanto farò finchè riconoscerà veramente che l’unico mio bene, l’unica mia soddisfazione è di ubbidirlo e servirlo lealmente. Per lui mi attendo ogni buona sorte, per lui voglio mantenermi sana e viva, per lui voglio seguire ogni virtù, e sempre così, immutata, mi troverà. (S.Zweig, Maria Stuarda, pag 173)

È un totale annientamento, un annullarsi ed un prostrarsi a lui e al suo volere. S.Zweig scrive “tutto ciò che possiede, tutto ciò che è, il regno, l’onore, il corpo, l’anima, tutto trascina nell’abisso della sua passione, e nella profondità della caduta gusta tutta l’intensità del sentimento. (S.Zweig, Maria Stuarda, pag 173).
Si comprende pienamente – ed il loro rapporto inizia a venir a galla anche pubblicamente – quanto Mary Stuart sia stravolta dal sentimento nel cosiddetto “Episodio di Jedburgh”. Il 7 ottobre Bothwell è stato gravemente ferito in uno scontro con un bracconiere e quando la notizia raggiunge la regina, che si trova a Jedburgh per affari giudiziari, tutti si accorgono del profondo turbamento che la colpisce. Appena ne trova il tempo, si reca in un galoppo sfrenato dall’amante, rimane al suo capezzale per un paio d’ore e poi, veloce come è arrivata, ripercorre le 25 miglia del ritorno. Il suo corpo logorato dalla passione a questo punto però crolla: appena scesa da cavallo sviene, poi le viene la febbre, delira, non ci vede e non ci sente, il corpo si irrigidisce e la sua situazione sembra così grave che le viene data perfino l’estrema unzione. Guarisce improvvisamente solo quando Bothwell, ormai convalescente, viene portato da lei su di una barella. In due settimane il crollo psicologico è ormai passato, ma la regina appare cambiata e turbata. Del resto, come può funzionare l’amore tra i due, entrambi sposati? Come può avere un amante, quando lei stessa ha firmato un editto che punisce con la morte l’adulterio ed ogni altra forma di piacere illecito?
Nelle sue mani, in suo pieno potere, io metto mio figlio, il mio onore e la mia vita; il mio paese, i miei sudditi, la mia anima, tutto è assoggettato a lui, e l’unica cosa che io voglio è di seguirlo senza deluderlo, qualunque cosa accada. (S.Zweig, Maria Stuarda, pag 176)
E Bothwell? Ben presto Mary si accorgerà che si sta ancora una volta sprecando inutilmente, che l’uomo per il quale ardono i suoi sensi non l’ama veramente, che quell’atto di violenza per lui non è stato che una rapida avventura e che il suo scopo è di ottenere corona e ricchezza.
Mi pensate leggera, lo so, e se non vi fidate di me, se senza motivo sospettate del mio cuore, col vostro sospetto mi fate un enorme torto. Voi ignorate l’amore che vi porto. Sospettate che un altro amore mi trascini. Mi pensate donna fatua; e tutto questo attizza il mio fuoco (S.Zweig, Maria Stuarda, pag 177)

Per raggiungere lo scopo di Bothwell, c’è solo un modo: eliminare Darnley e prendere il suo posto. Il marito dimenticato se ne resta a Glasgow, e forse intuendo che qualcosa di pericoloso è in agguato, rifiuta i numerosi inviti a tornare ad Edimburgo. Il vaiolo che lo colpisce a gennaio si rivela un gradito pretesto per restare sotto la protezione del padre ma ostacola i piani di Bothwell, che sono già ben delineati e progrediti ma manca il pretesto per attirare la diffidente vittima sul luogo del delitto. Solo una persona ha potere su questo debole personaggio, solo una può fargli cambiare idea repentinamente e manovrarlo a suo piacimento: Mary Stuart, la regina, sua moglie. Il 22 gennaio 1567 Mary, che da settimane evitava ogni contatto con Darnley, si reca a Glasgow con il pretesto di far visita al marito malato ed in realtà per attirarlo, su ordine di Bothwell, nella città di Edimburgo, dove la morte lo attende.
Non è mai stato dimostrato se Maria Stuarda fosse o meno a conoscenza del piano di uccidere suo marito; ci sono ancora oggi, a distanza di secoli, testimonianze ed idee discordanti. La teoria che regge maggiormente però, sostenuta da tutta una serie di prove evidenti, è che la regina conoscesse i piani omicidi di Bothwell; ciò è dimostrato anche da una lettera di 3000 parole scritta proprio al suo amante durante i giorni trascorsi a Glasgow, ma poiché fa parte delle cosiddette lettere dello scrigno qualcuno sostiene che essa non sia autentica. È una lettera lunga, un monologo allucinato di un cuore sconvolto, scritto da una Mary Stuart confusa, angosciata, sfinita e combattuta tra la sua coscienza e la sua passione.
Sono stanca e assonnata e tuttavia non posso trattenermi finchè basta la carta… scusa se scrivo così male, metà delle cose dovrai indovinarle… Ma sono lo stesso contenta di poterti scrivere mentre gli altri dormono, perché sento che non potrei dormire a causa del mio desiderio di essere tra le tue braccia, mio bene prezioso (S.Zweig, Maria Stuarda, pag 191).
Continua descrivendo il suo incontro con Darnley e come lui abbia scioccamente pensato di aver riottenuto l’ amore e le attenzioni della moglie.
Mai l’avresti potuto sentir parlar meglio e con più umiltà e se non avessi saputo che il suo cuore è morbido come la cera, mentre il mio è duro come il diamante, nessun comando, se non il tuo, sarebbe riuscito a non farmi provare pietà per lui (S.Zweig, Maria Stuarda, pag 193)
Ad un certo punto sembra addossare a Bothwell la responsabilità dell’impresa, come per liberarsi di un peso che la opprime e proclamare la sua innocenza, il suo opporsi alla faccenda
Per un mio desiderio di vendetta non lo farei. Tu mi costringi ad una tale finzione che sono piena di orrore e di raccapriccio, e mi fai fare la parte del traditore. Ma ricordati che, se non fosse per obbedire a te, io preferirei esser mora. Il mio cuore sanguina. Ahimè! Non ho mai ingannato nessuno, ma faccio tutto per volontà tua. Dimmi in una parola sola che cosa devo fare e qualunque cosa mi succeda voglio obbedire a te. Pensa anche se non è possibile ricorrere ad un metodo più segreto, con delle medicine, perché a Craigmillar dovrà prendere medicine e fare bagni. (S.Zweig, Maria Stuarda, pagg 193/194)
Queste ultime parole confermano che Mary non solo fosse a conoscenza del piano ma che abbia anche recitato una parte fondamentale per la sua riuscita, pentendosi si, ma non riuscendo a disobbedire al suo amante padrone.
Tutto sacrifico, l’onore, la coscienza, la felicità e la grandezza ricordatene, e non lasciarti influenzare negativamente dal tuo falso cognato nei confronti della più fedele amante che hai mai avuto e mai avrai. E non dar retta a lei [la moglie di Bothwell] e alle sue false lacrime, ma a me e all’atto che con totale dedizione tollero per conquistarmi il suo posto, e con il quale inganno tutti andando contro la mia stessa natura. Dio mi perdoni e conceda a te, mio caro amico, tutta la felicità e la grazia che ti augura la tua amante più devota e fedele, nella speranza di essere presto per te qualcosa di più, come ricompensa al suo tormento.(S.Zweig, Maria Stuarda, pag 177)

Chi è davvero ignaro del piano è Darnley che, come è già successo altre volte in precedenza, si fa manipolare, addolcire e rassicurare dalla moglie. Pochi giorni dopo la coppia reale è nuovamente in viaggio verso Edimburgo ma anziché ritornare subito ad Holyrood il re e la regina vengono sistemati in una casa appartata, ufficialmente perché il pericolo del contagio da vaiolo non è ancora passato. La casa in questione si trova fuori dalle mura della città, in un quartiere malfamato detto Kirk o’field, frequentato da ladri e borseggiatori. Un luogo non adatto a due sovrani, e già qui spuntano i primi sospetti. Le piccole stanze della vecchia casa vengono riccamente arredate con mobili, tappeti ed arazzi fatti venire appositamente dal palazzo reale; vengono montati addirittura i due letti portati dalla Francia da Maria di Guisa. Mary, la regina, si dimostra stranamente affettuosa nei confronti del marito che solo fino a pochi giorni prima aveva ignorato e la coppia sembra nuovamente affiatata ed innamorata. La salute del re migliora vistosamente, sono già state date disposizioni per il trasferimento a palazzo che avverrà il 10 febbraio. Ma è ora, per Bothwell e i suoi complici, di mettere in atto il piano meticolosamente preparato.

Domenica 9 febbraio 1567 è stata organizzata una festa ad Holyrood e la regina ha promesso di parteciparvi, decidendo poi di rimanere per la notte a palazzo dato che anche il re la raggiungerà il giorno dopo. Dopo aver salutato il marito, Mary si reca dunque a palazzo per i festeggiamenti ma a tarda sera torna ancora una volta nella casa di Kirk o’Field per un’altra visita a Darnley. Come mai la regina, che per settimane aveva completamente ignorato il marito scappato a Glasgow, si comporta ora in modo così attento e premuroso? Alle 23 dunque Mary torna ad Holyrood, scortata da un corteo rumoroso e munito di luci e fiaccole: tutta Edimburgo vede e sente passare la regina di ritorno dalla sua affettuosa visita al re. La festa a palazzo prosegue e, a mezzanotte passata, Mary si ritira nelle sue stanze.
Alle 2 di notte la terra trema. Una fortissima esplosione rimbomba per tutta la città; c’è stato un attentato nella casa del re, la casa solitaria di Kirk o’field è saltata in aria. Bothwell, svegliato nel cuore della notte, corre immediatamente con le sue truppe sul luogo del delitto e trova in giardino i cadaveri senza vita e seminudi di Darnley e del suo servitore. Senza indagare ulteriormente, ordina di mettere in una bara i corpi e ritorna a palazzo, per annunciare alla regina che il marito, il re Enrico di Scozia, è stato ucciso in maniera incomprensibile da ignoti.

Allo scoppio segue un incomprensibile silenzio. Anziché urlare, disperarsi e cercare ad ogni costo un colpevole per l’uccisione del marito, Mary Stuart rimane muta, non reagisce, sembra caduta in uno stato di catatonia. Proprio ora che dovrebbe quantomeno fingere un po’ di stupore, la regina di Scozia è rigida e stranamente distaccata, e ciò contribuisce a far ricadere proprio su di lei i primi sospetti. La morte del re sembra passare inosservata, accantonata velocemente e silenziosamente: non vengono effettuate indagini approfondite, non viene scritto alcun rapporto, il cadavere non viene sottoposto alla visita medica d’ufficio, il funerale viene celebrato in fretta e furia, di notte, nella piccola cappella di Holyrood dove meno di due anni prima era stato celebrato il matrimonio della coppia regale.
Solo dopo il funerale Bothwell si decide ad ordinare una pseudo inchiesta per dare almeno l’apparenza che si stiano cercando gli ignoti assassini. In realtà la città intera conosce i loro nomi, ma nessuno ha il coraggio di parlare: nonostante l’alettante ricompensa di 2000£ scozzesi per chi farà i nomi dei colpevoli, gli uomini al comando di Bothwell che galoppano minacciosi per le strade di Edimburgo, armati fino ai denti, scoraggiano chiunque osi parlare. Infine ecco apparire, durante la notte, dei manifesti affissi sulla piazza del mercato e perfino sul portone di Holyrood, che accusano dell’assassinio Bothwell, James Balfour (suo complice) ed alcuni servitori della regina tra cui Giuseppe Rizzio, fratello del povero Davide. Ora è pubblicamente noto chi ha la colpa nell’uccisione del re, la regina prenderà sicuramente dei provvedimenti nei confronti degli assassini e, per preservare il suo onore e dimostrare la sua estraneità ai fatti, si staccherà da Bothwell. E invece no. Mary licenzia segretamente i servitori accusati, dà loro dei passaporti per oltrepassare velocemente il confine e poi, dopo nemmeno una settimana dalla disgrazia e soprattutto senza rispettare il lutto, lascia Holyrood per recarsi nel castello di Lord Seton. E chi invita per farle compagnia? Proprio Bothwell, che tutta la città, tutta la Scozia e tutta l’Europa accusano dell’omicidio del marito. Anziché provare la sua innocenza allontanando il traditore dalla sua corte, lei lo attira sempre più vicino a sé. Con questo gesto irrazionale e sciocco, non il primo e nemmeno l’ultimo di una lunga serie, si comprende pienamente il tipo di amore malato e deleterio che lega Mary a Bothwell e si avverano i versi dei sonetti in cui ella affermava di volersi annullare per lui, di volergli obbedire, di servirlo e compiacerlo anche a costo di sacrificare onore, famiglia e addirittura la sua stessa vita. Una donna accecata dalla passione e completamente privata della sua lucidità e volontà.

Solo una voce rompe il silenzio che segue la morte di Darnley. Il conte di Lennox, padre della vittima, protesta per il fatto che non si sia fatto ancora niente di serio contro gli assassini del figlio, richiede che vengano arrestati tutti coloro il cui nome era comparso nei manifesti circolati per Edimburgo ed esige che venga avviata un’inchiesta. Il primo nome nella lista del Conte è proprio quello di Bothwell. Mary dunque si vede costretta ad interrompere la commedie delle “indagini senza risultati” e ad avviare un processo. Il 12 aprile 1567 Bothwell si reca a cavallo a Toolboth, al tribunale, armato di tutto punto e circondato dai suoi uomini. Il rappresentante del Conte di Lennox legge la protesta ed i giudici, dopo una vivace e alquanto montata discussione, dichiarano all’unanimità l’accusato estraneo all’accaduto. Un processo farsa dal quale Bothwell esce vincitore e sentendosi quasi un eroe sfila lungo il Royal Mile ad armi sguainate.
Nonostante gli avvertimenti che le arrivano da chi ancora le è amico, da chi la mette in guardia del pericolo che sta correndo, Mary Stuart rimane tragicamente salda alle proprie idee, non ascolta, non accetta consigli ed anzi, continua inesorabilmente la sua corsa verso la rovina. Il giorno dopo il processo, in occasione dell’apertura del parlamento, la regina concede all’assassino del re il massimo onore che la Scozia possa conferire: si fa solennemente precedere da Bothwell con i sacri simboli della nazione, la corona e lo scettro. Ma non è questa l’ultima sciocchezza commessa dalla regina, non è l’ultimo affronto al Paese ed al mondo; Mary firma la sua condanna a morte poco tempo dopo, decidendo di sposare il suo Bothwell, l’assassino del re di Scozia.

(Fonte: Maria Stuarda, Stefan Zweig)
Parte 1: L’infanzia e l’adolescenza in Francia
Parte 2: Il ritorno in Scozia ed il secondo matrimonio
Parte 3: L’assassinio di Davide Rizzio
Parte 4: L’omicidio di Darnley
Parte 5: Il terzo matrimonio e la prigionia a Loch Leven
Parte 6: La prigionia inglese
Parte 7: Verso la fine
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