Il cù sith è una creatura mitologica scozzese, anche se una figura simile esiste anche nel folklore irlandese ed in quello scozzese. Il suo aspetto è quello di un grosso cane da caccia, un oscuro segugio della stazza di un giovane bue e molto simile ad un lupo. Il suo pelo è ispido, il più delle volte nero o di color verde scuro (il verde è il colore attribuito a tutti gli abitanti del mondo fatato) anche se in alcune occasioni può essere bianco. I suoi occhi sono grandi e caratterizzati da un feroce luccichio. La sua lunga coda è arrotolata su se stessa oppure intrecciata mentre le sue zampe sono grandi quanto la mano di un uomo. La sua casa sono le rocce delle Highlands, ma vaga qua e là nelle desolate brughiere scozzesi.
Il Cù Sith è sempre stato considerato come un messaggero di morte ed appariva per portare l’anima di una persona che stava morendo nell’aldilà, un po’ come faceva il Grim Reaper, analoga figura mitologica, o la Banshee nella cultura irlandese. Secondo la leggenda, il cù sith cacciava silenziosamente, eccetto che per tre terrificanti latrati che potevano essere sentiti a molte miglia di distanza. Chi riusciva ad ascoltare tutti e tre i latrati mantenendo la calma era al sicuro, mentre chi invece si lasciava sopraffare dal terrore rischiava la morte.
Quando l’abbaiare del Cù Sith veniva udito, gli uomini mettevano al sicuro de donne che stavano allattando i loro bambini perché si credeva che l’essere spettrale le avrebbe rapite per portarle nel mondo fatato, dove sarebbero state costrette ad allattare i figli delle fate.
Come tutti gli esseri fatati, anche il cù sith temeva gli oggetti di ferro ed il sale.
Di seguito, un estratto da “Superstitions of the Highlands and Islands of Scotland” di John Gregorson Campbell, pubblicato nel 1900:
“Un uomo, che stava passando dalle parti di Kennavara Hill, sull’isola di Tiree (Ebridi Interne), incontrò un grande cane nero che riposava sulla spiaggia. Osservandolo, si avvicinò, ma poi decise di cambiare strada per tornare alla sua casa. il giorno dopo l’uomo prese coraggio e si recò nuovamente sul luogo dell’incontro. Impresse sulla sabbia trovò le impronte di un cane, grosse quanto il palmo della propria mano, e decise di seguirle finché non scomparvero. Il cane aveva fatto perdere le proprie tracce ma l’uomo era sicuro che, data la sua stazza, non poteva assolutamente trattarsi di una creatura terrena.”