La ottenuta restaurazione degli Stuart però non era destinata a durare e si venne a creare un profondo risentimento nei loro confronti, soprattutto da parte dei nobili e della nuova classe di ricchi costituita da mercanti e navigatori, che si videro limitati nella loro espansione. Gli Stuart, a differenza di Elisabetta I, non avevano favorito l’espansionismo economico dei mercanti inglesi verso l’America del Sud, avevano soppresso la pirateria e avevano riallacciato dei buoni rapporti con la Spagna, rivale dell’Inghilterra nei rapporti commerciali. Ci fu una disputa molto accesa anche per quanto riguardava la successione al trono di Carlo II, poiché egli non aveva avuto eredi legittimi dalla moglie sterile, ma molti altri figli nati da relazioni con altrettante amanti. Il primo in linea di successione era Giacomo, fratello minore di Carlo, che però trovò l’opposizione di molti membri del Parlamento che temevano l’ascesa al trono di un sovrano dichiaratamente cattolico. L’incoronazione avvenne comunque e Giacomo VII Stuart (II d’Inghilterra) salì al trono il 23 aprile 1685. Quando il nuovo Re assegno gli Uffici di Cancelliere e di Segretario di Stato a dei cattolici e revocò le leggi penali ancora esistenti nei confronti dei cattolici, i grandi di Inghilterra decisero che era giunta l’ora di rovesciare definitivamente la dinastia Stuart.

Si ricorse all’aiuto di un principe olandese, Guglielmo d’Orange, che aveva sposato la figlia primogenita di Giacomo nonché erede al trono, Maria, la quale tuttavia perse tale titolo con la nascita inaspettata di un altro erede avuto dalla seconda moglie Maria Beatrice d’Este, stavolta maschio, Giacomo Francesco Edoardo Stuart, che di fatto veniva prima di lei e del marito nella successione al trono. C’erano tuttavia dei dubbi sulla veridicità della nascita del principe: qualcuno affermava che fosse in realtà nato morto, e sostituito con un altro neonato. Negli anni precedenti alla gloriosa rivoluzione si erano formati i due schieramenti dei Whigs e dei Tories: i primi, che rappresentavano gli interessi della borghesia e della piccola nobiltà, erano contrari alla successione di Giacomo II poiché cattolico, mentre i secondi, che rappresentavano i grandi proprietari terrieri e il clero anglicano, gli erano favorevoli. Dalla loro disputa uscirono vittoriosi i Tories, poiché Giacomo divenne effettivamente Re, ma a seguito della sua incoronazione e del suo favoritismo nei confronti dei cattolici, Whigs e Tories si unirono per annientare la monarchia, sostenendo l’invasione portata avanti da Guglielmo d’Orange, il quale sbarcò in Inghilterra nel 1688 dando inizio quella che viene definita la Gloriosa Rivoluzione, che durò fino all’anno successivo.

Figura di spicco durante la rivoluzione fu il Visconte di Dundee, John Graham of Claverhouse, nominato luogotenente da Giacomo ma ricordato con il nome di “Bonnie Dundee”, che riuscì a bloccare l’accesso alle Highlands ai sostenitori di Guglielmo, ma che perse la vita nella battaglia del Passo di Killiecrankie nel 1689.
Giacomo II, sconfitto dal genero e dichiarato deposto, fu costretto a rifugiarsi in Francia, dove morì nel 1701. La figlia minore di Giacomo, Anna Stuart, succedette al trono quando Guglielmo d’Orange morì, senza eredi nel 1702, poiché la moglie Maria era già deceduta da anni. Una settimana prima di morire, Guglielmo aveva scritto una lettera al Parlamento raccomandando ogni sforzo per unificare i due regni.
Con un atto del Parlamento inglese (Act of Settlement) si stabilì che, se alla sua morte Anna non avesse lasciato eredi, il regno sarebbe passato ad una cugina tedesca, Sofia elettrice di Hannover, e ai suoi eredi protestanti. Sofia ed Anna morirono a distanza di due mesi l’una dall’altra, quindi il trono passò al figlio della prima, Giorgio I, elettore di Hannover, che regnò per la prima volta col titolo di Re di Gran Bretagna. Pochi anni prima infatti la Scozia perdeva definitivamente la propria libertà, conquistata duramente al prezzo di molte vite umane durante le ribellioni del 1300 e nella battaglia di Bannockburn: il primo maggio 1707 venne attuato l’Atto di Unione, con il quale i Parlamenti delle due nazioni si unificavano e nasceva il Regno di Gran Bretagna. Il trattato venne approvato da gran parte dell’aristocrazia scozzese che componeva il Parlamento di Edimburgo e che aveva ricevuto, in cambio di questa adesione, consistenti forme di denaro. I punti essenziali dell’accordo erano i seguenti: i due regni confluivano in un unico Stato, denominato Gran Bretagna, con un’unica bandiera (la Union Jack), e una moneta unica. La Scozia non avrebbe più avuto un parlamento, ma avrebbe mandato propri rappresentanti a Westminster.

Quando l’accordo fu reso pubblico, si assistette a numerose manifestazioni di protesta, anche violente, in varie città della Scozia, fomentate soprattutto dai giacobiti. La Scozia non esisteva più nemmeno nominalmente: ora questa parte dell’Impero si chiamava semplicemente North Britain. Re Giacomo VII, esiliato in Francia, era morto senza sapere che sarebbe stato l’ultimo Stuart a regnare, l’ultimo discendente di Bruce, l’ultimo sovrano di una Scozia Indipendente. Tuttavia, nel suo esilio europeo, il figlio di Giacomo, James Francis Edward Stuart, veniva proclamato dai suoi uomini Giacomo III d’Inghilterra. Per gli inglesi egli era invece “Il vecchio pretendente”: aveva inizio così l’ultimo disperato e azzardato tentativo degli Stuart di riprendere il proprio trono scozzese.
Si composero molte canzoni, o meglio lamenti, per la perdita dell’indipendenza. “Such a parcel of rouges in a Nation”, scritta a quanto pare da Rober Burns, è una di queste:
Farewell to all our Scottish fame,
Farewell our ancient glory!
Farewell even to the Scottish name.
So famed in martial story!
Now Sark runs over Salway sands,
And Tweed runs to the ocean,
To mark where England’s province stands
Such a parcel of rogues in a nation!
What force or guile could not subdue
Through many warlike ages
Is wrought now by a coward few
For hireling traitor’s wages.
The English steel we could disdain,
Secure in valour’s station;
But English gold has been our bane
Such a parcel of rogues in a nation!
O, would, or I had seen the day
that Treason thus could sell us,
My old grey head had lain in clay (be buried)
With Bruce and loyal Wallace!
But pith and power, till my last hour
I will make this declaration:
“We are bought and sold for English gold
Such a parcel of rogues in a nation!”
Addio alla nostra fama scozzese,
addio alla nostra antica gloria,
addio anche al nostro nome scozzese,
così famoso nella storia militare.
Ora il Sak scorre oltre le sabbie di Solway,
e il Tweed sfocia nell’oceano,
a segnare i confini di una provincia inglese.
Che branco di mascalzoni in una Nazione!
Ciò che la forza e l’inganno non erano riusciti a sottomettere
Attraverso tante epoche di guerra,
è ottenuto adesso da un gruppo di codardi
al prezzo che si dà ai mercenari traditori.
Noi possiamo disprezzare l’acciaio inglese
sicuri della forza del nostro valore,
ma l’oro inglese è responsabile della nostra rovina:
che branco di mascalzoni in una nazione!
Se avessi saputo che avrei visto il giorno
che il tradimento ci avrebbe venduti,
avrei preferito che la mia vecchia grigia testa giacesse morta
con Bruce e il fedele Wallace.
Ma con forza e vigore, fino all’ultima mia ora,
io dichiarerò questo:
fummo comprati e venduti per l’oro degli inglesi.
Che branco di mascalzoni in una Nazione!
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FONTE: Il cardo e la Croce, Paolo Gulisano
7 pensieri riguardo “Breve storia della Scozia – Parte 4: La Gloriosa Rivoluzione e l’Atto di Unione”